Un viaggio giallo in Italia

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Otto tappe italiane raccontate in altrettanti romanzi gialli

di Anna Calonico

 

È tornata la voglia di visitare paesaggi e città a Pordenonelegge: questa volta, delle tappe prescelte si è deciso di presentare un aspetto misterioso e che mette un po’di paura. Infatti, nella manifestazione 2017, nell’ambito del quinto capitolo della fortunata serie noir Millennium, che tra gli ospiti vantava autori di gialli come Marco Malvaldi e Gianluca Carofiglio (per citare solo i primi che mi vengono in mente) i prescelti del Viaggio in Italia erano otto scrittori che descrivono nei loro romanzi delitti, assassini e polizia di otto diverse località italiane.

Dalla Milano di Hans Tuzzi si passa all’Appennino emiliano di Pierluigi Vito, arrivando alla Firenze di Marcello Simoni. Poi, dalla Versilia, con la penna di Giampaolo Simi, si può risalire verso Torino con Alessandro Perissinotto fino ad Aosta con Antonio Manzini, oppure scendere a Roma, raccontata da Gilda Piersanti, e fermarsi a Napoli, con Maurizio de Giovanni. Ambienti differenti, alcuni già noti, commissari che a volte sono arrivati fino allo schermo televisivo.

Se a Milano incontriamo nuovamente il commissario Norberto Melis, creato dalla fantasia e dalla penna di Hans Tuzzi, con l’ultimo romanzo, La belva nel labirinto, edito da Bollati Boringhieri, che vede il funzionario di polizia alle prese con una strana storia di tarocchi e omicidi, sacerdoti e travestiti; ad Aosta troviamo un autore e un personaggio che non hanno bisogno di presentazioni: Antonio Manzini. È arrivato al successo con i romanzi editi da Sellerio come Pista nera, Sull’orlo del precipizio, Pulvis et ombra, La giostra dei criceti; ma soprattutto con Rocco Schiavone, romano di Trastevere, ruvido e schivo, sbattuto ad Aosta come punizione. È lui, con le sue apparizioni in TV in una serie amata dal pubblico, che ha consacrato Manzini come artefice di gialli tra i più seguiti e tra i più attesi a Pordenone. Marcello Simoni è un altro scrittore già ben noto al pubblico con i suoi delitti storici, e alla manifestazione ha presentato il suo ultimo lavoro, L’eredità dell’abate nero (Newton Compton) primo di una nuova serie intitolata Secretum Saga, in cui si destreggia fra crimini e intrighi del Quattrocento, nella Firenze di Cosimo il Vecchio. Alla fine del viaggio italiano, a Napoli, troviamo una città già consolidata nella sua ambientazione anni 30 con il commissario Ricciardi (dodici romanzi a partire dal 2006), e ancora in fieri con Giuseppe Lojacono protagonista assoluto dei romanzi della serie I Bastardi di Pizzofalcone (arrivata al momento a sette volumi): è tutta opera di Maurizio de Giovanni, autore napoletano che, come i precedenti scrittori, riesce ad attirare un pubblico affezionato e fedele.

A Torino invece incontriamo Alessandro Perissinotto, autore di una decina e più di romanzi, e un personaggio nuovo, un genetista che torna dall’America credendo di ottenere nel capoluogo piemontese quanto ha ottenuto oltre oceano, ma senza fare i conti con un passato che parla di lager e si intitola Quello che l’acqua nasconde, uscito proprio nel 2017. Altro personaggio nuovo è il maresciallo dei carabinieri che Pierluigi Vito mette di fronte al parroco di un paesino dell’Appennino parmense nel suo primo lavoro, Quelli che stanno nelle tenebre, edito da Robin. Un autore ancora non molto conosciuto, Giampaolo Simi, parla nel suo Cosa resta di noi (ancora Sellerio) di un figlio mai nato, una sorta di “morte vista al contrario”, un insussitente “lutto”che finisce per rovinare l’esistenza di una coppia che avrebbe altrimenti potuto essere felice, sino alla morte, questa sì reale, di una donna che per poco tempo era apparsa nella vita dell’io narrante, il marito senza figli.

Ma è nella capitale d’Italia che l’attenzione si ferma, protagoniste due donne, l’una l’autrice del romanzo, l’altra il suo personaggio. Gilda Piersanti, romana, da molti anni vive a Parigi e scrive i suoi romanzi in francese, ambientandoli però nella Città eterna che sente ancora come sua e che riscopre, quasi come una turista, mentre scrive le storie di Mariella De Luca, ispettore di polizia.

Alla Piersanti, oltre al consueto spazio per parlare ai suoi lettori, è stato lasciato il Ridotto del Teatro Verdi per la proiezione, in anteprima italiana, di un film tratto dal suo ultimo lavoro tradotto, Roma enigma (La nave di Teseo, 2017, pp. 263, € 18).

Interessante poter ascoltare dalla viva voce dell’autrice le riflessioni sul suo lavoro e, nella medesima serata, vedere poi i suoi personaggi in azione sullo schermo.

Nell’incontro con il pubblico la Piersanti prima di tutto ha inteso raccontare la sua esperienza di traduttrice, ed è interessante sentir parlare di un argomento tanto importante quanto dimenticato in una manifestazione che pure vanta tanti ospiti stranieri. “Gli scrittori dovrebbero prima di tutto tradurre”, sostiene l’autrice, perché si tratta di mettere le mani nel vivo della lingua. Quello del traduttore è un mestiere difficile, ingrato, poco riconosciuto, che la Piersanti ha svolto per anni e che ha preteso di riprendere per tradurre da sé i suoi scritti; è stata un’ottima occasione per sentire dell’esperienza appassionata – anche se demoralizzata – di una traduttrice, che non è certo da sottovalutare.

Esaurite le riflessioni sulla traduzione, la scrittrice si è poi soffermata sulle diversità tra libri e film e al pubblico presente è stato dato di assistere, tra i primi in Italia, al confronto carta/pellicola

La differenza sostanziale tra le storie raccontate nei libri e le stesse storie trasposte nei film è l’ambientazione: sembra un sacrilegio, ma la Roma dura, sanguigna, tanto amata e tanto partecipe nelle pagine scritte diventa al cinema la romantica Parigi, il Tevere diventa la Senna e il gasometro che la protagonista vede dalla finestra di casa sua si trasforma, incredibile a dirsi, nella torre Eiffel. Al lettore italiano, a giudicare dagli sguardi degli spettatori in sala, pare che l’essenza dei romanzi venga snaturata; l’autrice invece nega, sostenendo che il cambiamento non è stato drastico nel complesso della narrazione e che Parigi rappresenta una buona ambientazione per le sue vicende. Personalmente, la prima impressione nel vedere la proiezione è stata di un qualcosa di più leggero rispetto al romanzo: lo scenario diviene quasi anonimo, o perlomeno non pregnante. La Parigi del cinema, riconoscibile o no, potrebbe essere una città qualunque, mentre la Roma della carta stampata emerge dalle righe con il suo paesaggio, i suoi abitanti, la sua fisicità fatta anche di rumori e odori.

Ma veniamo alla protagonista: bruna, non bellissima, a volte irritante e poco simpatica sulla pagina, bionda e schiva sullo schermo. La Piersanti ci fa sapere che i quattro film tratti dai suoi romanzi (Rosso mattatoio, Blu catacombe, Giallo Caravaggio e Roma enigma: la serie TV che in Italia sarà trasmessa in prima TV da LaF in ottobre si chiamerà I colori del crimine) sono stati girati da quattro registi differenti, che, pur mantenendo il personaggio di Mariella sostanzialmente sempre uguale, sono riusciti ognuno a darle sfumature diverse: in Giallo Caravaggio, per esempio, è presente più che negli altri l’aspetto introspettivo della protagonista, che appare quindi più riflessiva, mentre in Blu catacombe, girato da una donna, l’ispettrice è vista in maniera più femminile, nonostante la predilezione per le scene violente e sanguinose.

Roma enigma, che spesso si avvicina alla realtà contemporanea con continue citazioni di musica, arte, teatro, riprende anche fatti tratti da situazioni e personaggi reali, com’è stato l’omicidio di Marta Russo che negli anni passati ha interessato per molto tempo le cronache nazionali: è dalla stessa idea di delitto perfetto in quanto senza movente che parte la storia narrata dalla Piersanti. E, anche qui, una grande differenza tra libro e film: mentre nel primo il lettore conosce l’assassino fin dalla prima pagina, continuando a leggere per scoprire soltanto il movente dell’atroce gesto, nel film, come da tradizione, bisogna aspettare il finale.