UNA ROSA PER JOYCE

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di Graziella Atzori

Luce perfetta è l’ultimo romanzo di Marcello Fois, nel quale si conclude (forse) la saga dei Chironi, la famiglia nuorese che diviene mito. Racconta di noi, volgendo lo sguardo all’esterno con taglio sociologico, ma ancor di più con scandaglio interiore. Fois sa rappresentare quanto si agita nell’animo umano in modo ripetuto ed immutabile, visto che gli impulsi primari, il confronto con il destino, gli appuntamenti con l’amore e la morte sono imprescindibili e sempre identici in essenza, paradigmi del vivere, rotaie della conoscenza. Nuoro diviene allora l’universo di ognuno, proprio come l’isola di Grado costituisce l’humus da cui trae alimento la poesia universale di Biagio Marin. La parte contiene il tutto, ologramma in cui ci specchiamo.

La scrittura è limpida e sicura, asciutta e anche aperta all’emozione misurata e intensa, ricca di metafore e similitudini, incursioni oniriche conturbanti e profetiche. Conscio e inconscio si intersecano, dando lo spaccato psichico integrale dei protagonisti. Fois ritrae personaggi intagliati con inconfondibile precisione. Questi si muovono nell’arco di un ventennio, comprendente gli anni Ottanta fino al Duemila, scansione temporale in cui si consuma in modo drammatico lo sfacelo della civiltà occidentale in declino. Al contempo, dopo eventi atroci che non danno speranza di rinascita, l’autore esprime paradossalmente la concreta rigenerazione dell’uomo, rappresentato dall’ultimo discendente di una stirpe, Luigi Ippolito, in grado di risorgere sempre come l’araba fenice.

In modo estremamente significativo, la dedica del libro recita: ‘ai resistenti’

Vediamoli allora i due ragazzi, fulcro centrale del romanzo, che diventano uomini: Cristian Chironi, bello, sicuro, integro e luminoso, e Domenico Guiso, l’amico inseparabile dolce e più fragile, dipendente, che cammina un passo indietro, sulla scia dell’altro. I loro padri sono stati soci in affari, imprenditori edili. Il padre di Cristian, Vincenzo, tormentato alla ricerca di un senso come baluardo contro il nulla, ha scelto il suicidio quale soluzione estrema di autoaffermazione. Mimmìu padre di Domenico ne raccoglie l’eredità o così vorrebbe, ma l’imitazione non può che condurre alla contraffazione e all’affermazione del Male. L’uomo fantoccio accumula un patrimonio sporco, macchiato dall’usura e dal malaffare, denaro in nero, abusivismo edilizio, saccheggio cinico del patrimonio architettonico e paesaggistico. Anche per lui il suicidio per impiccagione sigilla una vit,a ma la sua è perduta nell’alienazione della ricchezza e del potere, che gli viene sottratto attraverso una breve e lapidaria decisione testamentaria. Il cadavere lordato dai suoi escrementi, ultima sequenza della vita fisica, ritratto con impressionante verismo e iper-realismo, è metafora dell’anima naufragata.

Domenico, da ingenuo fanciullo, diverrà degno epigono del padre, capace di compiere crimini fino all’omicidio. L’amore per la stessa donna, Maddalena, scava l’abisso fra gli amici-fratelli. Sarà Domenico a tradire Cristian, vendendosi al demone interno della sua insipienza.

Le donne invece, Maddalena, Marianna, Nevina sono fortezze inattaccabili, amazzoni anche quando preparano un caffè, vittoriose anche se perdono la partita. Di volontà adamantina, conoscono e praticano la fedeltà ai valori inviolabili, madri e amanti coerenti non in vendita, rocce assorbenti e respingenti il dolore con gesti consueti e pure estremi.

Su tutto il vissuto campeggia la Sardegna con i suoi profumi, le montagne barbaricine, la natura come nume tutelare, violata e inviolabile. Fois preserva un mondo arcaico, fiero ed eroico, sempre sul punto di essere sopraffatto dalla modernità schiava di mammona, ma ancora vitale e salvifico, oggi, che non sappiamo più chi siamo. In tal senso conoscitivo la dinastia Chironi è garanzia di futuro, perché chi non ha passato non può avere domani e vive nell’ignoranza di sé.

Un bel romanzo denso di significati, in cui danzano fatalità e libertà, nell’eterno dispiegarsi di sofferenza ed estasi piena ma non catturabile.

La luce perfetta del titolo è quella della parola detta e scritta con sapiente maturità. È il dono ultimo di un esercizio letterario capace di pacificare, nonstante i lutti e le miserie e i drammi, e l’inevitabile perdita della gioventù. Contiene la malinconia dello sguardo che sa cosa siamo stati, e mai più saremo nel tempo che, come il giovanissimo Chironi superstite, lottatore longilineo pronto ad affrontare il suo destino, “non conosce pietà”.

 

 

Marcello Fois

Luce perfetta

Einaudi, Torino 2015

  1. 314 Euro 20