Un’estate pirotecnica

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Tutto si potrà dire della classe politica nel suo complesso, ma sarebbe calunnioso affermare che sia noiosa, tanto nella sua totalità che nei singoli esponenti di primo piano che si contendono gli spazi negli studi televisivi e sulla carta stampata, lasciando sguarnite le mitiche poltrone al ministero di rispettiva competenza.

Per soffermarci sulle più recenti cronache, quelle, per intendersi, andate in scena nell’estate che se ne sta andando, abbiamo assistito a spettacoli che neppure il più sgangherato cabaret avrebbe il coraggio di proporre, un autentico copione dell’assurdo, rivelando un’insospettabile, anche se sotterranea, verve umoristica in figure istituzionali quali i ministri del precedente governo come quelli dell’attuale (mi trattengo dall’indicarli, rispettivamente, come quelli “scadenti” e quelli “da poco”), giù giù fino ai “senatori semplici”che hanno inventato il modo più clamoroso per svestirsi di una semplicità che andava loro troppo stretta.

Chi ha appiccato il fuoco alle polveri, ha deciso di farlo da una spiaggia della riviera romagnola, tra un hugo e un’esecuzione dell’Inno di Mameli assieme a cubiste ancheggianti nei loro ridottissimi costumi al ritmo della inconsueta colonna sonora. Del resto, anche il ministro dell’Interno, frattanto, sorseggiava aperitivi a petto nudo, perché, come si affanna a far presente chi ne cura l’immagine, “è uno di noi”. Lasciando perdere queste che in fin dei conti sono solo questioni di stile, il vicepresidente del Consiglio risultato vincente alle elezioni europee ha deciso proprio sulle spiagge (frequentatissime vista la stagione) di imporre una crisi del governo di cui lui stesso faceva parte, senza peraltro che né lui né i suoi ministri facessero nemmeno il gesto di presentare le dimissioni. Non gli è andata come credeva, per cui ha tentato fuori tempo massimo le più goffe marce indietro, offrendo persino la Presidenza del Consiglio all’ex collega che ora giudica inadeguato a fare il ministro degli Esteri. Della serie “Prima gli Italiani”…

Altro protagonista dello spettacolo ferragostano il presidente del Consiglio uscente e poi rientrante, che ha avuto se non altro il merito di trasferire in Parlamento una crisi nata sulle spiagge, ma che peraltro non si è peritato a fare un velocissimo cambio di casacca, quasi non avesse avvertito mai in precedenza le slealtà e le prepotenze che a Palazzo Madama ha enumerato al suo vice, mentre questi eseguiva uno dei suoi numeri preferiti, il bacio al rosario, stavolta nell’aula del Senato.

Il terzo uomo della triade che aveva retto le sorti della Patria per quattordici mesi, spiazzato dalla levata d’ingegno dell’alleato, ha cercato di destreggiarsi come ha potuto con le insidie di una crisi troppo più grande di lui, alla guida di una formazione politica sempre più instabile, dovendo alla fine subire le decisioni del comico che è anche padre fondatore del movimento, confermate da un plebiscito elettronico gestito da una società privata che alla fine ha stabilito a maggioranza che la via da seguire era quella di un’alleanza con il belzebù rosso, come il capo politico qualche settimana prima dipingeva il nuovo partner di governo. In cambio di tale dubbia gestione della crisi, la giovane promessa del firmamento a cinque stelle ha ottenuto di potersi sedere alla scrivania che fu, prima di lui, di altri statisti, da De Gasperi a Saragat a Nenni, a Moro.

Il senatore semplice, che con il suo veto di inizio legislatura ha agevolato la saldatura tra le due forze politiche che hanno dato vita la Governo Conte (uno), convertitosi a una nuova visione delle alleanze, come Saulo sulla via di Damasco, ha coartato all’abbraccio il suo recalcitrante partito, andandosene all’indomani con i suoi sodali in Parlamento.

Un facile pronostico si può azzardare, a questo punto, sull’immediato futuro: che sarà cioè improbabile riprendere un filo di compostezza per affrontare i numerosi problemi che rimangono, anche una volta finita la pirotecnica farsa estiva.