Universi paralleli di guerra e pace

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Immagini dell’artista turco Uğur Gallenkuş in mostra a Spilimbergo

di Paolo Cartagine

 

È un deciso cambio di passo la mostra Universi paralleli di guerra e pace, cinquanta immagini di Uğur Gallenkuş, grafico e fotografo nato nel 1990 in Turchia, vincitore dell’edizione di esordio del Premio Young riservato agli autori under 35 della manifestazione “Friuli Venezia Giulia Fotografia” promossa nel 2022 dal Centro di Ricerca e Archiviazione Fotografica. L’esposizione è aperta fino al 4 settembre a Palazzo Tadea presso il Castello di Spilimbergo.

Il visitatore non percepisce da subito la novità, perché le immagini esposte – che stanno rendendo l’autore celebre a livello internazionale anche su Instagram – sono costituite da accostamenti a sfondo sociale ottenuti con fotomontaggio digitale di due diverse fotografie. Ci fanno vedere un mondo diviso tra povertà e indifferenza, tra conflitti cruenti e situazioni socio-economiche e politiche avverse; i reciproci confronti rendono appieno le ingiustizie che colpiscono molti/troppi esseri umani in tutto il mondo.

Fin qui niente di nuovo, si potrebbe dire, e quindi dove sta il deciso cambio di passo?

Sta nel fatto che Gallenkuş – come da lui stesso correttamente dichiarato – non è l’autore delle foto “sorgente” utilizzate per costruire Universi paralleli. Appreso ciò, la diversità con le rassegne fotografiche tradizionali è quasi spiazzante.

Gallenkuş è però a pieno titolo l’autore della mostra, perché l’ha progettata e realizzata con immagini che nascono da sue elaborazioni di foto prelevate da quell’enorme serbatoio-archivio che è il web, e dunque i social. Un recupero di eterogenee memorie altrui sfociata in una forma di scrittura foto-grafica in cui l’informazione visuale prescinde dalla presenza dell’autore sul luogo dei fatti che si accinge a illustrare. Una strada lontana sia da Roland Barthes che riteneva «ogni fotografia un certificato di presenza diretta», sia da Antov Čechov quando si apprestava a redigere i resoconti con «scarpe buone e quaderno di appunti perché occorre basarsi sui fatti».

In Universi paralleli l’approccio culturale di Gallenkuş è un altro, e parte dal concetto, peraltro non recente, di fotografia-frammento, cioè di rappresentazione parziale e soggettiva, pertanto aperta a riletture, reinterpretazioni e riutilizzi verso nuovi fini comunicativi.

Un aspetto controverso che pone agli esperti quesiti di difficile soluzione, ma è incontestabile che il web ha introdotto radicali cambiamenti nel modo di intendere la fotografia del terzo millennio.

Peraltro, da sempre la fotografia è fonte di dibattito, a cominciare dai fotomontaggi che tuttora suscitano opinioni divergenti sul tema di cos’è la “vera fotografia”. I primi apparvero già attorno al 1850 a soli dieci anni dall’invenzione ufficiale della fotografia e da allora sono utilizzati in campo artistico o di denuncia socio-politica, nonché di manipolazione informativa.

La mostra offre perciò anche l’opportunità di riflettere sul significato e sul valore della fotografia prodotta dall’attuale società, una mostra da vedere perché, comunque la si pensi, coinvolge emotivamente ed è molto più che mera abilità operativa al computer.

Chi visita la rassegna – organizzata sulla ripetizione (continuità per restare nel tema) con variazioni (novità per non scivolare nella monotonia) – può andare oltre la materialità di Universi paralleli e muoversi nel territorio delle molteplici interpretazioni individuali.

E per l’osservatore curioso arriva così il momento di togliere, in senso lato, le immagini dalle pareti e guardare cosa c’è sul retro, al fine di scoprire le linee essenziali dell’architettura comunicativa che ha portato Gallenkuş dalla materia prima della foto-frammento alla logica del racconto breve autosufficiente in costante dialogo con le altre raffigurazioni esposte.

Mettere in luce la sua strategia consente di ripercorrerne per sommi capi l’itinerario espressivo, che inizia con la selezione e il prelievo delle foto “sorgente” dal web, e prosegue con accostamenti specifici, da cui nascono nuove storie per contrappunto in analogia o contrasto. Fotografie di fotografie, una realtà inventata attraverso affioramenti dal mondo reale. Un solo vincolo: la figura finale deve essere quadrata.

E per trasferirvi l’inerente messaggio, Gallenkuş – moderno sarto con forbici, ago e filo elettronici – ha ritagliato forme sempre differenti da ciascuna delle due foto da giustapporre. Una meditata successione di azioni lente, di ripensamenti graduali e di affinamenti progressivi in un percorso ideativo e operativo di “non velocità”, antitetico al tempo frenetico di assunzione della foto digitale. Un metodo costruttivo che ha altresì sottratto gli originali da dimenticanza e anonimato in cui nella maggioranza dei casi erano caduti.

Ognuna delle due foto si differenzia da quella adiacente per angolazione, punto di vista e momento dello scatto, prospettiva e spazio ripreso, aree escluse o eliminate, dettagli abbandonati o confermati, porzioni di mondo da raccontare. Perciò, nell’immagine risultante è insita la discontinuità. Gallenkuş l’ha valorizzata in due modi: innanzitutto non marcando il confine interno, e assegnando poi allo stesso posizioni e andamenti diversi da quelli delle altre coppie da abbinare. Una scelta originale rispetto ai consueti e più rigidi schemi di assemblaggio adottati, un punto di forza che caratterizza il suo modo di rivisitare le foto base.

Al confine “interno” finisce una foto e inizia l’altra, una cesura fisica ineludibile. Confine che per lui non è però una parete divisoria ma una delimitazione permeabile che consente di travasare e correlare informazioni, di dilatare reciprocamente i rispettivi contenuti per poi mescolarli, concentrarli e fonderli assieme: un’osmosi non una stratificazione. Confine dunque come una sorta di linea di passaggio nata nel tentativo di semplificare e di dare un ordine al caos del mondo per cercare un significato profondo nell’imperscrutabilità del divenire.

Infine il trasferimento e l’ancoraggio in un nuovo contesto che diventa unità comunicativa, cioè le immagini di Universi paralleli, nuove fisionomie di persone, cose, ambienti e momenti. Sono riassunti stringati del corso del tempo che convergono nel generale obiettivo di parlare delle vite di esseri umani. Sono condensazioni di spazio-tempo, estratte da una serie teoricamente illimitata di possibilità, che rivestono significati maggiori della somma delle parti.

Sono incroci che rendono non più separabili pubblico e privato fra quotidianità e situazioni straordinarie, sono nodi di una trama che ci impedisce di chiudere gli occhi di fronte a contraddizioni, nessi evidenti e occulti, illusioni e imprevedibilità. Sono storie in grado di farci entrare nella pelle altrui e guardare il mondo con gli occhi di un altro, e di tanti altri inconsapevoli protagonisti.

Universi paralleli è la narrazione con cui Uğur Gallenkuş, costruttore di immagini prive di titolo, ha disegnato un segmento della nostra Storia recente.