Valentina, Oksana e Rifka unite da un blackbird

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di Anna Calonico

 

Me la ricordo la primavera del 1986. Soprattutto ricordo i mesi seguenti, quando le verdure crude non erano consigliate, quando ci è stato vietato di bere latte: «Io non ricordo nemmeno più che sapore ha!» disse un giorno una mia compagna di classe.

Era successo l’impensabile, c’era stato un grave incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, e una fuoriuscita di sostanze radioattive metteva in allarme gran parte dei paesi europei.

Noi, in Italia, eravamo comunque lontani, e i cambiamenti che hanno subito le nostre vite sono stati certamente poca cosa rispetto agli sconvolgimenti occorsi agli abitanti di Prypjat, il paese vicino all’impianto danneggiato.

Proprio a Prypjat, il giorno prima del disastro, ha inizio la storia di Blackbird, i colori del cielo di Anne Blankman.

Conosciamo subito le due giovani protagoniste: Valentina, di origine ebrea, e la sua antagonista, Oksana, che la prende in giro per dimenticare i lividi che le fanno male e nella speranza che suo padre sia fiero di lei. Valentina e Oksana abitano nello stesso caseggiato e i loro padri lavorano insieme alla grande centrale.

La mattina dopo, quando si svegliano, scoprono entrambe che i genitori non sono tornati dal turno notturno, e il cielo laggiù, proprio sopra le torri evaporative, è tutto coperto da una fitta coltre di fumo rosso. Un incendio alla centrale: per questo, sicuramente, gli uomini tardano a rientrare, e non è un buon motivo per non andare a scuola, così le due iniziano come sempre una giornata che di consueto non ha proprio nulla, e che diventerà l’inizio di un incubo e di una nuova vita.

Da questo momento l’ansia, la paura, l’insicurezza delle due ragazze ci accompagnano per tutto il romanzo, tenendoci in sospeso con i brividi sempre pronti a percorrerci la schiena e un groppo in gola.

Non voglio svelare i momenti salienti della storia e nemmeno anticipare le immagini terrificanti che vedono i giovani occhi; non voglio parlare delle loro paure, perché priverei i lettori di qualcosa di forte. Dirò soltanto che, come è veramente successo, e infatti il racconto si basa su una storia vera, Valentina e Oksana vengono fatte fuggire, in modo che possano stare in un posto più sicuro. Saranno costrette a viaggiare insieme e ad aiutarsi per non rimanere sole, a fidarsi una dell’altra, sino ad accorgersi che, fino a quel momento, a dividerle erano state soltanto delle menzogne e dei pregiudizi. Valentina e Oksana scopriranno di poter essere amiche, e lo diventeranno, oh, se lo diventeranno! Ci aspetta la storia di una grande amicizia, che va oltre la distanza e il silenzio, oltre le religioni e le famiglie, persino oltre il tempo e lo spazio!

È qui che entra in scena il terzo personaggio, Rifka, una ragazzina ebrea che, nel pieno della seconda Guerra Mondiale, lascia la madre con i due fratellini piccoli, troppo piccoli per una lunga fuga, per evitare di essere catturata dai nazisti in arrivo, sorte che fatalmente toccherà agli altri ebrei rimasti in città.

La narrazione, quindi, che fino a questo momento alternava i punti di vista di Valentina e di Oksana, ne introduce un terzo, più datato, che solo negli ultimi capitoli troverà il suo posto logico nelle vicende delle due ragazze.

Anche qui non voglio anticipare nulla se non che viene spiegato il senso del titolo, Blackbird.

Inoltre, ci allontaniamo dalla tragedia di Chernobyl per entrare in quella dell’olocausto, ma il pericolo nucleare e la shoah non sono certo gli unici temi trattati in queste oltre trecento pagine: razzismo, pregiudizi, violenza domestica e, per fortuna, anche qualcosa di positivo come l’amicizia, la solidarietà, la speranza.

Blackbird è un libro che non lascia indifferenti ma che indigna e commuove, è un libro che non si dimentica e che, nonostante la mole di pagine, passa troppo veloce e ci dispiace che finisca.

Se dovessi consigliare una lettura per le scuole medie (ma può essere letto benissimo anche da chi le medie le ha già passate), sceglierei questa.

Intanto per una visione più intima della storia, quella lontana della seconda Guerra Mondiale e quella più recente dell’era nucleare, e poi per le tante tematiche affrontate, tutte molto attuali.

L’olocausto, ad esempio, è raccontato in un modo un po’ diverso dal solito: non ci sono i campi di concentramento e neanche i rastrellamenti, ma una lunga, faticosa, pericolosa fuga attraverso campi e boschi percorrendo paesi e stati diversi alla ricerca di un posto sicuro, scontrandosi con la malvagità della gente e sorprendendosi per inaspettati gesti di gentilezza. Il pericolo nucleare, invece, emerge ancora più pauroso da un contesto storico e politico ben definito, quello di un’Unione Sovietica dove le notizie tremende di fallimenti ed errori non arrivano, dove non si può fare domande, dove la vita delle persone è subordinata al mantenimento di un ordine che mostra una faccia rassicurante anche mentre si muore.

C’è molto da discutere su alcune scene di questo racconto. Per esempio, mi ha colpito come possa essere di sollievo un rituale religioso, e quanto possa essere identitario anche se svolto in segreto. È confortante anche vedere come certe usanze di popoli e religioni differenti possano comunque unire e far sentire a casa anche chi non le condivide. Invece mi ha fatto provare tanta indignazione il comportamento vigliacco della madre di Oksana, pateticamente succube prima del marito e poi del nuovo compagno ugualmente violento. E se inizialmente ho provato pena per questa donna debole che subisce senza emettere un fiato, man mano mi è montata la rabbia vedendo che non muove un dito nemmeno per proteggere la bambina e, anzi, si trasforma in una meschina carnefice lei stessa soltanto per compiacere un malato bastardo.

Ma per tornare al romanzo in generale, devo aggiungere che, tra tanti libri per ragazzi che ho letto, questo è sicuramente uno dei migliori e rappresenta un perfetto connubio tra una bella storia e  argomenti interessanti e ben proposti su cui riflettere.

A fine libro ci sono alcune pagine dedicate alle note finali dell’autrice: è qui che la Blankman spiega da dove è venuta l’ispirazione per questa scrittura e, svelandoci che si tratta di una storia vera, aggiunge molte informazioni che nel racconto non è riuscita ad inserire. Sono anch’esse una lettura stimolante, e intensificano le sensazioni che abbiamo provato fino a quel momento.

Inoltre, cosa da non sottovalutare, si tratta di un libro ben scritto, scorrevole e avvincente, diviso in capitoli che, come ho già anticipato, alternano i punti di vista delle tre protagoniste (ma sempre in terza persona) permettendoci di sentire le emozioni di ognuna di loro. Del resto, i personaggi sono delineati in maniera da caratterizzarli perfettamente come ragazzine vere e diverse tra loro, seppur spesso simili, e non facciamo fatica a sentirli vicini: sono certa che Valentina, Oksana e Rifka diventeranno amiche dei lettori.

Infine, spendo due parole per la copertina che, certamente non solo a me, appare molto bella e intrigante. Infatti, dopo aver letto la sinossi in quarta di copertina mi sono chiesta il significato di quell’uccello nero: che fosse simbolo delle radiazioni, dato che hanno fatto cadere a terra morti tutti gli uccelli, o che fosse un’ombra nera che rimane sospesa sulle teste dei sopravvissuti? Che avesse un collegamento con la famosa canzone dei Beatles? Niente di tutto questo. È qualcosa che lega i fatti della storia, passati e presenti, e che lega le persone, ma davvero non posso dire di più, e vi auguro, ma sono sicura che sarà così, una buona lettura!

 

Anne Blankman

Blackbird i colori del cielo,

Giunti, 2021

pp.352, euro 17.00

+12 anni