Villibossi a Muggia

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di Walter Chiereghin

 

Promossa, assai opportunamente, dal Comune di Muggia e curata da Massimo Premuda, si è inaugurata il 27 giugno presso il Museo d’Arte moderna Ugo Carà la mostra “Villibossi. Germi di forma”, che rimarrà visitabile fino al prossimo 16 agosto. «Una grande mostra per celebrare gli ottant’anni dello scultore», come esordisce nel suo intervento nel bel catalogo Laura Marzi, sindaco di Muggia, ed effettivamente le opere presentate, sculture in legno o in pietra, prodotte nell’ultimo decennio, affiancate da opere su carta disegnate tra il 2004 e il 2018, che il più delle volte delineano la genesi di un pensiero progettuale che trova poi compimento nella scelta del materiale da scolpire, ovviamente piegandosi ad esso, come segnala l’autore, «poiché, nella trasposizione nel materiale forte qual è la pietra, la prima idea è destinata a subire continue trasformazioni, sino a raggiungere un aspetto formale in cui, pur nel chiuso della massa volumetrica, la figura si rende riconoscibile». Ecco allora che il compimento si traduce invece in “tradimento” dell’artista, che si accosta al materiale da scolpire con il rispetto dovuto a un vero e proprio interlocutore, lasciandosi sviare – ove necessario – dal progetto originario per trovare un compromesso tra la propria idea e l’osservazione della natura della pietra o del tronco che si trova tra le mani, in un rapporto quasi dialogico da cui alla fine scaturisce l’opera a tutto tondo. Questa dunque, alla compiersi dell’idea creatrice, « lascia intravedere un gusto autentico dell’artista per la materia, per i suoi segreti, per le proiezioni di espressività che rivela proprio nei tratti in cui viene lasciata rozza, informe e spezzata» (Enzo Santese su Il Ponte rosso n. 41, gennaio 2019).

Nato a Muggia nel 1939, Villibossi continua a vivere e lavorare nella cittadina natale, nella privilegiata sede del Castello trecentesco che domina il centro storico e il Mandracchio, da lui stesso sottratto con la propria inventiva e capacità anche manuale ad un degrado che trent’anni fa pareva irreversibile. Ha studiato presso l’Accademia Ligustrica di Belle Arti di Genova e la Scuola Libera di Figura diretta all’epoca da Nino Perizi, presso il Museo Revoltella di Trieste. Dal 1964 espone in mostre personali, di gruppo e collettive, distinguendosi per la versatilità dell’impiego di materiali diversi, dando una marcata preferenza all’uso di legno e, soprattutto, alla pietra.

L’esposizione muggesana riassume, anche al di là delle sculture presentate nell’occasione, decenni di assiduo proficuo lavoro creativo tanto con le opere su carta quanto con la straordinaria fascinazione di quelle tridimensionali, ricavate dalla pietra o da legni di differenti essenze, in dimensioni spesso monumentali, in una coerenza formale che collega direttamente le opere più recenti ai loro antecedenti, fino agli esordi degli anni Sessanta. Una ricerca, come rileva Massimo Premuda, che risulta «cos’ambientata in un’eterna primavera in cui, in una sorta di biomorfismo, viene scandito il tempo vitale dei cicli naturali fra infiorescenze ed effervescenze vegetali, e in cui l’artista, assecondando i ritmi dell’universo, genera dalle materie prime, quali carta, legno e pietra, quei germi di forma propri del suo immaginario».