Zannier affronta Joyce

| | |

di Francesca Schillaci

 

«Il mio lavoro è nato da un amore, l’amore per un testo e per un autore che ho avuto l’avventura di incontrare a più riprese nella mia vita e che adesso mi fa compagnia». Giuliano Zannier conclude così la prefazione al suo libro Un palco per Ulisse, edito da Hammerle Editori, grazie alla realizzazione dell’associazione tra compagnie teatrali triestine “L’armonia APS” e l’intervento grafico della moglie Giuliana Artico, che ha inoltre curato le illustrazioni di ogni capitolo.

È immediato durante la lettura comprendere che il testo non si prefigge lo scopo di svelare un nuovo Joyce o un nuovo Ulisse, ma al contrario tenta di consolidare e coronare un antico legame che ha visto Giuliano Zannier impegnato per circa cinquant’anni. Joyce è un amore condiviso nella nostra Trieste, si svela continuamente tra i ricordi e le commemorazioni, soprattutto a giugno con il Bloomsday, evento che ha permesso all’autore del testo di iniziare a svolgere i primi passi concreti verso la stesura di una drammaturgia.

Inoltre, il periodo della pandemia, come svela Zannier nella prefazione, l’ha portato a completare questo sposalizio in una forma scritta completa, dall’inizio alla fine: un Ulisse in forma teatrale. Poco importa se sicuramente ci aveva già pensato qualcuno in qualche altra parte del mondo, quello che conta è il desiderio trasparente di accomodarsi accanto a quello scrittore così controverso che oggi continua a fargli compagnia.

Di fatto, il testo non presenta grandi alterazioni, se non una più semplice e accessibile lettura per tutti. Cosa non da poco, quando si parla del colosso joyciano, volutamente contorto e intransigente. Se Joyce creava scompiglio alla lettura e all’interpretazione della sua opera, il testo teatrale di Zannier ne concede una tregua, o meglio, una possibilità anche per chi l’Ulisse non è mai riuscito a leggerlo. I capitoli sono diciotto come nell’originale e le scene della quotidianità così cara a Joyce sono riportate con rispetto. Come dice Riccardo Cepach nella presentazione: «Zannier coscienziosamente cita, ricorda, riassume e restituisce il romanzo con onestà, con amore, ma lo fa suo, lo essenzializza».

A rendere ulteriormente interessante la lettura è sapere che molti capitoli del libro sono un’anticipazione di quello che potrebbe accadere nei futuri Bloomsdays, poiché il testo riporta sia capitoli già messi in scena e altri ancora da elaborare, “se Joyce c’assiste”. In questo modo, la voglia di comprendere i passaggi dei capitoli, soprattutto quelli più importanti come Circe, Le sirene e Penelope (almeno per quanto mi riguarda), chiama la mano alla ricerca dell’Ulisse joyciano in una lettura comparata, che si svela originale e intrigante.

Il fatto che un’opera “riscritta” possa permettere anche in minima parte l’avvicinamento del pubblico all’opera originale ne fa del testo un successo a priori, dal momento che, soprattutto nel caso di Zannier, è evidente non esserci un sentimento di competizione né di arrivismo, bensì un desiderio ingenuo, puerile nel senso nobile del termine, di camminare affianco a Leopold e a tutti gli altri personaggi come atto di gratitudine per averlo accompagnato fino a qui, dove la grande letteratura incontra l’arte del teatro, nella conferma che le arti per esistere meglio hanno bisogno di abbracciarsi. Questo vale anche per la lingua: non poteva mancare una riscrittura in dialetto triestino, che si guadagna uno spazio tutto suo al termine del libro nella ripresa del capitolo iniziale La colazione, con un’ironia delicata, una curiosità femmina tipica della nostra triestinità incandescente, molto amata dallo stesso Joyce, il quale ne avrebbe probabilmente apprezzato il tentativo.

 

Giuliano Zannier

Un palco per Ulisse

Hammerle, Trieste 2022

  1. 204, euro 15,00